Un romanzo interessante che, pur con qualche limite, diverte e si legge con piacere.
“Il caso Ildegarda”, Edgar Noske, Emons Edizioni, 2016
SINOSSI
Giugno 1177. Il monaco Wibert von Gembloux, giovane e appassionato teologo, riesce finalmente a raggiungere il monastero di Rupertsberg. Il suo più grande desiderio è servire la badessa Ildegarda come segretario e poter così tramandare ai posteri le sue visioni mistiche e i segreti delle sue molte arti. Quando però una forte pioggia dissotterra uno scheletro nei pressi dell’abbazia, la ricerca della verità farà emergere torbidi intrighi del passato, rievocando la dura battaglia di una donna fuori da ogni schema contro l’invidia degli uomini del suo tempo.
Con precisione storica, Edgar Noske crea un affresco insolito del Medioevo al cui centro si staglia la figura luminosa di Ildegarda, donna forte e libera, capace di emozioni fortissime e di insospettabili fragilità, in lotta con papi ottusi e avidi abati.
LA MIA RECENSIONE
Il racconto si apre con un monaco in viaggio che pensa alle sue emorroidi: non è il massimo!
Scopriamo poi con un lungo antefatto che il monaco è Wibert, e che è diretto al monastero della mistica Ildegarda di Bingen, dove conta di restare a lungo nonostante non abbia il permesso del suo abate, per servire la grande mistica come scrivano e dedicarsi alla pubblicità della sua grandezza. Una volta arrivato, però, Wibert scoprirà presto un mistero scottante: dopo qualche resistenza, sarà Ildegarda stessa a raccontargli quello che è successo, e la tragedia legata alla tormentata edificazione del nuovo monastero femminile.
Seguiamo quindi due linee narrative: quella del 1177, ovvero il “tempo presente” nel quale Ildegarda anziana rievoca le vicende a beneficio di Wibert. E quella del 1147, quando la combattiva monaca, già conosciuta in tutta Europa per le sue visioni e per i suoi scritti di medicina e farmacopea, decide di fondare un monastero femminile scontrandosi con il parere contrario del suo abate, che metterà in campo ogni scorrettezza pur di ostacolarla in qualsiasi modo.
Tra fughe, rapimenti, udienze con vescovi, contrasti tra monache e monaci, la storia è densa di avvenimenti ed è molto interessante, con delle ambientazioni ben ricostruite e una generale atmosfera avvincente.
Alcune cose mi hanno comunque lasciata perplessa.
La narrazione non è sempre il massimo: alcuni fatti interessanti sono riepilogati alla bell’e meglio e il delitto stesso sul quale si basa l’intero libro appare alle volte come un mero pretesto. Questo ultimo elemento non è un difetto così grave: in fondo, nei romanzi storici molto spesso viene data più importanza alla ricostruzione e alle ambientazioni, con intrecci costruiti per dare rilievo al contesto, più che per sé stessi.
Tuttavia, un minimo di cura non è mai sbagliata e in questo caso a volte si scivola un po’ nella sciatteria, specialmente nei punti in cui Ildegarda spiega o riepiloga alcuni aspetti delle vicende, che magari sono importanti, ma sono liquidati da tre frasi.
Un difetto un po’ più visibile riguarda proprio il personaggio della mistica: Hildegard, Sibilla del Reno e Dottore della Chiesa, fu un personaggio importantissimo del suo tempo e il valore del suo lavoro è arrivato fino a oggi, tant’è che fioriscono convegni e saggi sulla medicina ildegardiana, sulla sua filosofia, perfino sulle sue ricette. Una personalità del genere ha qualcosa di grande, di sovrumano quasi, e questa grandezza dovrebbe pur trasparire, anche nel momento in cui diventa un personaggio di fiction.
In questo caso invece la magistra appare come una monaca normalissima: si nominano spesso le sue azioni di curatrice, le sue lettere, ma quando la vediamo in scena non ha luce, non ha una presenza portatrice di un minimo di spessore e complessità in più degli altri.
È una mancanza che si sente.
Nonostante queste lacune, “Il caso Ildegarda” è un romanzo piacevole e divertente. Durante la lettura non vedevo l’ora di voltare pagina, la sera lo riprendevo con piacere e curiosità: non sono cose da poco!
La copertina riflette un po’ questa dualità: quella parola tronca fa venire i brividi, ma l’imitazione della cornice miniata è pazzesca, bella forte, quasi ipnotica.
Il fatto è che la storia ci immerge in modo molto naturale tra i monaci e le monache medievali; seguiamo le loro azioni e i loro contrasti, a volte comici, a volte drammatici; ci troviamo accanto a loro su quelle strade, in quei chiostri, a domandare e cercare di sapere, proprio come il simpatico protagonista Wibert.
Ne consiglio quindi la lettura a tutti gli appassionati e le appassionate di letture medievali che apprezzino la leggerezza e il divertimento: senza troppe pretese narrative, ma comunque con un amore condiviso verso la storia, le atmosfere, le persone meravigliose che ci parlano ancora dopo tanti secoli.
[Se ti è piaciuto il post, dai una chance al romanzo: “La cospirazione dell’inquisitore”, Fanucci editore)
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