Un racconto medievale tra storia, mito e avventura, divertente e ben scritto.
Mi Rasna, Monica Serra, Delos Digital 2019
SINOSSI
Anno 1243: Michele fugge da Viterbo, stretta nell’assedio degli Svevi, diretto a Roma, dove intende iniziare una nuova vita. La distanza non è molta, ma gli ostacoli sono ardui: Malaspina, una ladra pronta a saccheggiare una tomba etrusca, i soldati del papa, un cardinale che non è un cardinale e “presenze” che arrivano dall’altro lato del tempo…
LA MIA RECENSIONE
La prima cosa che salta all’occhio nel leggere questo racconto è che Monica Serra scrive davvero bene.
Non per niente, il racconto è vincitore di un concorso letterario: il Trofeo Giancarlo Viviani, dedicato a un grande vecchio della fantascienza, scomparso qualche anno fa, che ebbi l’onore di conoscere.
Viviani era un professionista competente, coraggioso e curioso, che incoraggiava le nuove penne (lo fece anche con me… il risultato è il mio primo romanzo, un’ucronia ambientata nel XVII secolo: “Nelson”), e avrebbe gradito anche questo racconto avvincente e raffinato.
L’aria era densa di umori e Viterbo, austero gigante di pietra, si stagliava contro il cielo bluastro, mezzo miglio alle sue spalle. Un’alba dorata liberò i primi raggi di sole sul campo addormentato e l’erba brillò nella bruma del mattino.
da “Mi Rasna”
Monica Serra unisce un fraseggio elegante alla creazione di immagini originali, vivide, e allo stesso tempo misurate e mai di maniera.
L’ambientazione è in equilibrio con i movimenti dei personaggi, che si muovono tra tante insidie e sono costretti a fare molta attenzione, portandoci con loro in esplorazioni, fughe e tranelli vari.
La storia raccontata ha una struttura classica (e a mio modesto avviso poteva essere trattata un po’ meglio dalla sinossi). Due personaggi in situazioni difficili si incontrano per caso, e si trovano insieme tra pericoli innescati dalle loro stesse azioni, ma anche da un contesto più grande di loro, e rischiano di esserne soverchiati.
Michele è in fuga e ansioso di raggiungere una destinazione sicura: incontra Malaspina, una “tombarola” incaricata da un personaggio potente e (fino a un certo punto) misterioso di recuperare un oggetto preciso, all’interno di una tomba che trabocca di tesori.
Quell’oggetto ha un valore diverso dagli altri, e un potere magico: risveglierà forze e personaggi del lontano passato, pronti a scontrarsi in una resa dei conti. Michele e Malaspina, in tutto questo, dovranno sopravvivere, e per farlo attingere a risorse che neppure sospettavano di avere.
L’elemento davvero originale in questo racconto è la commistione del rigore storico con un filone fantastico molto seducente, ma inspiegabilmente poco sfruttato nella narrativa: la mitologia e la magia etrusca.
Gli etruschi sono un popolo ancora misterioso, del quale sappiamo poco e che ci ha lasciato testimonianze affascinanti ed evocative. Gente del nostro passato, che è nel sangue italico come e forse più del popolo latino, ma che ancora conserva tanti dei propri segreti.
Parallelamente a questa presenza incantatrice, che Serra sfrutta al meglio grazie alla componente fantastica e a una bella dose di effetti speciali, c’è il fascino indiscusso e irresistibile del Medioevo, anzi, del basso medioevo italiano.
I comuni bellicosi, gli assedi, le invasioni, il potere della Chiesa – che proprio negli anni descritti trovava un suo nuovo fasto, e offriva carriere sfavillanti a personaggi spregiudicati… le burrasche di quel periodo trovano un bel contrappunto con la lotta soprannaturale.
Mi è piaciuto, da lettrice, forzare un po’ il tutto, e leggere anche come un’allegoria dei tormenti che la nostra storia ha dovuto attraversare.
Insomma, un bel racconto, che bilancia eleganza e ricercatezza ad avventura e botti vari. A dimostrazione che qualità e divertimento possono stare insieme con ottimi risultati.
Se ti è piaciuto il post, dai una chance al romanzo: “La cospirazione dell’inquisitore”, Fanucci editore